sabato 20 agosto 2016

Just Love.






Quello che voglio è un amore travolgente, uno di quelli che non ti aspetti. Uno di quelli che ti capita in una noiosa giornata di nuvole quando l’unica prospettiva felice è una coppa di gelato cioccolato e pistacchio. Uno di quelli che ti cambia l’esistenza, che te la stravolge.
Uno di quelli per cui vale la pena di lasciarsi tutto dietro e correre, perchè se c’è lui alla fine della corsa, nemmeno mezzo metro di neve può fermarti. Uno di quelli nonostante tutti e tutto. Uno di quelli che non ti fa comprendere da chi ti ha sempre amato. Da chi non ti riconosce più, perché in fondo e neanche troppo in fondo, non sei più la stessa di prima.
Un amore incredibile, combattuto, sofferto. Nonostante sembri la scelta più folle, stravagante e pazza che tu abbia mai preso. Uno di quelli che ti spinge a scendere di casa scalza e di corsa, ad aprire un portone che tutto il mondo ti ha implorato di chiudere. Che ti spinge a salire su un aereo, su una nave, persino su un calesse se solo dovesse servire a raggiungerlo.
Un amore sguaiato, imbarazzante, surreale. Uno di quelli che riconosci immediatamente, perché te lo senti dentro e lo capisci subito quando al solo sentire pronunciare il suo nome, gli occhi brillano e non riesci a nascondere il sorriso. 


Uno di quelli che senza, niente ha senso.


E poco importa se tutti dicono che sia sbagliato, nessun amore che meriti di essere definito tale lo è. E poco importa se le favole accadono solo nelle pellicole Disney, se la realtà è fatta di pianti e disperazione, di periodi bui e tristi perché lui alla fine se ne va, o sceglie lei, o se stesso o entrambi.
Io voglio crederci. 
Voglio credere che dopo tutto il dramma, arriverà un amore così.

Un uomo così. Uno di quelli che dopo avermi fatto perdere ogni speranza, farà un gesto incredibile e mi urlerà che ha sbagliato tutto, che abbiamo sbagliato tutto e che sono io quella giusta. Perché una volta incontrati, non si può tornare indietro.
E lo so che sembra infantile, so che sembra una bambinata volere tutto il dramma e allo stesso tempo il lieto fine, in perfetto stile commedia americana.

Ma io voglio crederci. Voglio credere che mi correrà incontro in un aereoporto affollato e prima che io possa lasciare a terra sogni e aspettative, implorerà di fermarmi.
Voglio credere che un giorno arriverà e mi chiederà scusa per averci messo tanto.
Nel frattempo non mi accontento, non mi accontento per solitudine o debolezza di qualcuno che non mi faccia sentire , anche per un solo secondo al giorno, di essere tra le stelle. Di essere scintillio.Di essere il suo grande amore, e lui il mio. (Di questo e non dell’altro) Non ne vale la pena e mai ne varrà.


mercoledì 20 luglio 2016

Sole, mare, amore.




20 Luglio 2016. Di fronte ai miei occhi una distesa d’acqua blu. 
E’ agitato questo mare, ma d’altronde chi non lo è. Il sole splende alto in cielo e il maestrale spazza via ogni cosa, non dando tregua a nessuno. Sembra incasinare sempre tutto questo vento da nord-ovest, gettare scompiglio, scombinare piani e progetti. Anche se in fondo all’imprevedibilità della vita è un po’ come se ci fossimo abituati. Persino il più superbo dei marinai sa che davanti l’instabilità delle onde non c’è nulla da fare fuorché adattarsi e lasciare che le cose vadano per come devono andare. Il dondolio diventa un dolce cullare e per un attimo chiudo gli occhi. Continuo a navigare, ma solo con la mente. 




Penso a lei, a lui, a loro, quei pezzi di cuore che non vedo da più di 90 giorni e che tra poco metteranno in valigia un cappello di paglia e tanta voglia di divertirsi, saliranno su un aereo e verranno qui da me. Ci incontreremo al porto in un’assolata giornata di fine luglio, perché se il mare toglie, il mare sa soprattutto restituire. E io non vedo l’ora. 



Penso agli abbracci, alle corone solo limone – perché va bene un waffle con nutella e gelato alla nocciola alle 3:00 di  notte, ma il sale per carità fa venire la cellulite-. Al Suzuki Vitara senza tettuccio a posto del Phon per capelli, tanto ci pensa il vento ad asciugarli. Ai pop-corn, che le Pringles vanno bene per loro, ma io proprio non riesco. Alle scommesse per chi laverà i piatti. A Cicci che andrà alla ricerca dei Pokemon persino a Cala Rossa. Alla Costellazione del Carro che mi segue ovunque vada. Ad Annina che quest’anno ha foldato , ma l’anno prossimo la rapisco. Alla granita con brioche a colazione e alle cassatelle calde per merenda.


Penso alla playlist che Lilla ormai prepara da mesi, sia mai ci scordiamo di portare la Carrà in vacanza. Alle foto che farà Betta, su qualche roof garden trovato per sbaglio chissà dove chissà come e se Bricco resta a casa, davanti all’obiettivo questa volta ci siamo noi, che Beverly Hills 90210 a paragone è cosa da poco. Penso agli altri pezzi di cuore, a quelli che per ora riempiono le mie giornate con paranoie d’amore, aperitivi improvvisati e serate inaspettate. A loro che forse mi raggiungeranno perché niente è più bello dell’unire i due mondi.




Penso a quanto sarà meraviglioso stare di nuovo insieme e sentirsi dopo così tanto tempo di nuovo a casa, anche se su un’isola lontana da tutto e da tutti. Solo noi, l’acqua cristallina di una spiaggia affollata, e il sole. Penso alla L del mio cuore, che se non sta attenta dovrà spalmare aloe vera per tutta la vacanza, come quella volta a Ibiza tanto tempo fa.Penso al mio aspirante medico preferito, alle sue battute inaspettate ma così divertenti e mi chiedo se anche in vacanza vorrà mangiare zucchine gratinate.





Ho ancora gli occhi chiusi ma sul mio volto affiora un visibile sorriso. Il sorriso di qualcuno che sa di poter lasciarsi andare tra le braccia sicure di chi davvero la ama, di chi conosce ogni sbaglio della sua vita ma continua a volerle bene indipendentemente dal resto.Penso a chi lascerò qui e alla voglia di ritrovarci di nuovo appena tornata, perché a volte persino mancarsi è bello.E penso che lascerò il telefono a casa, tanto vivremo tutti lo stesso anche senza i miei snapchat.


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martedì 14 giugno 2016

Little Miss Sunshine




Per me è sempre esistito solo bianco o nero. 
Il grigio non è mai una possibilità.
Così o c’eri o era meglio non esserci per niente. Le mezze misure non sono e non saranno mai un’alternativa plausibile.
Troppo drastica ? Forse. Il fatto è che il dolore che il dubbio e la probabilità causano è sempre stato più forte di qualsiasi certezza. 
E quando c’era da parlare ho parlato e quando c’era da tacere ho taciuto.
Ho forzato la mano del tempo e dei luoghi, perché lasciare che le cose semplicemente accadessero, un po’ per destino, un po’ per caso, è una cosa che per natura non ho mai saputo fare. Ho scritto lettere che dimostrassero l’assenza e preso aerei che amplificassero la mancanza.

Di contro quando c’era da esserci sono sempre stata la migliore.
Nessuno metterebbe mai in discussione la mia presenza.
L’importante è sempre stato esserci nelle piccole cose, perché è lì che sta la felicità.

Nel messaggio del buongiorno, in un milkshake al cioccolato dopo una giornata estenuante, nell’in bocca al lupo prima dell’esame. In un pranzo a bordo mare, in una scatola spedita al di là dello stretto piena di tenere frivolezze pre-stesura tesi, per lui che nonostante la lontananza rimane il mio angelo in terra. In quel viaggio a sorpresa per lei che al mondo cosa più importante non ne ho. In quelle ore al telefono ad cercare di capire come abbia fatto Mr biscottino a trasformarsi in Homer Simpson. In quelle chat di gruppo col solo scopo di farli incontrare e chissà qualcosa di più. Così magari il camper di Stranamore sta volta lo guido io, anche senza patente.   



Si vive quotidianamente con così tante cose superflue che poi ci si dimentica di quanto potremmo fare a meno di tutto. Ci si dimentica di quanto, troppo spesso sarebbe meglio tenere solo il necessario. Un po’ come la valigia per quel weekend al mare. In cui le uniche cose da mettere dovrebbero essere tre. L’amore, da tenere sempre lì a portata di mano nel proprio cuore. La serenità, che trapela da quegli occhi scintillanti di chi finalmente ha smesso di cercarla. La gioia, spalmata sul volto e sulle labbra sporche di salsedine.


Per me è sempre esistito solo bianco o nero. 
Il grigio non è mai una possibilità.
Così o c’eri o era meglio non esserci per niente. 
Le mezze misure non sono e non saranno mai un’alternativa plausibile.
Di quante cose potremmo e possiamo fare a meno se solo avessimo il coraggio di dividere la vita in queste due categorie. Via tutto quello che nuoce a noi e alla nostra salute, che oscura il sole lungo il nostro cammino, che intossica le nostre esistenza, le nostre giornate e la nostra anima. Con noi, tutto quello che ci dona il potere di risplendere, di essere felici, di essere se stessi. Di alzarci al mattino e sorridere come se fosse ogni giorno la prima volta.



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mercoledì 8 giugno 2016

18 Anni e non sentirli


Le bambine sono diventate grandi, mi verrebbe quasi da dire. 

Anche se Carrie, Miranda, Charlotte e Samantha “bambine” non lo sono mai state. O almeno non nell’accezione in cui le abbiamo conosciute noi. Ben 18 anni da quando la biondina dell’ “Observer” ci dava il suo personale benvenutonell'era dell'anti-innocenza”, in cui "nessuno fa più colazione da Tiffany o ha storie da ricordare".Tante, troppe cose sono successe nel frattempo. Nonostante ciò noi siamo ancora lì. A rispolverare di continuo episodi e situazioni in cui troppo spesso ci ritroviamo. E ci pensiamo ancora, eccome se ci pensiamo ancora.


   Perché in fondo Sex and the City è un po’ in ognuno di noi. 


Come Samantha, da cui sono fermamente convinta avremmo dovuto tutte prendere e apprendere di più, in materia di (pubbliche) relazioni e non solo.
Come Charlotte, la principessa di Park Avenue che ci ha insegnato che il vero lieto fine esiste, anche se il principe azzurro è pelato, goffo e va in giro nudo per casa, lasciando ovunque bustine di te.
Come Miranda, l’instancabile lavoratrice stacanovista che finisce per amare.. e non soltanto il suo lavoro. Come Carrie, un concentrato di intelligenza e cuore in appena 1 metro e 55 di altezza. Manolo escluse ovviamente. 




Come Carrie che forse avrebbe dovuto lasciar perdere Big già alla prima stagione. Ma come biasimarla ?Chi non ha mai perso la testa per l'uomo sbagliato?
Che poi a dirla tutta non era nemmeno tanto colpa di Big. Lui purtroppo era così.
Io vorrei-non vorrei-ma se vuoi, lessi una volta da qualche parte.
E forse la colpa è di Carrie che aveva Aiden, l’uomo perfetto, e ha comunque preferito il bello e dannato allergico ai legami – con lei, perché le altre le sposava tutte- .
Tutta colpa dello scintillio, mi viene da dire. Senza contare che le cose facili non piacciono a nessuno. Ma su Big e Carrie dovremmo scrivere un libro, banale per carità, ma pur sempre un libro. Il solito clichè della serie “In amore vince chi fugge”. Anche se poi lui tornava sempre.
A riprenderla ma non del tutto. Sempre sfuggente ma non troppo. Se fosse sparito lei lo avrebbe anche potuto dimenticare e lui questo non lo avrebbe mai accettato, perché come si fa a lasciare una donna come lei ? 


Brillante, ironica e di rado con i capelli a posto. Una di quelle donne speciali e normali allo stesso tempo, nella loro anormalità. Per questo Vera. E poco importa se nessuna metterebbe mai un tutù per uscire di casa o una gonna con strascico, da far impallidire anche Lady D. il giorno del suo matrimonio, in un Suq ad Abu Dhabi. Almeno una volta nella vita avremmo tutte voluto calarci nei suoi panni e nelle sue scarpe. Pur soltanto per per sentire le vertigini.


18 Anni sono passati da quando il sesso e i tabù femminili sono sbarcati per la prima volta sul grande schermo. Peccati e vergogne di cui nessuno aveva mai avuto il coraggio di parlare si sono trasformati in normalissime abitudini femminili. Il tutto condito sempre da quel tocco di leggerezza e di ironia in grado di rendere straordinaria ogni donna che non si prende troppo sul serio. Chiacchiere che per noi, udite bene ragazzuoli –un po’ meno voi genitori-, sono sempre state all’ordine del giorno. A pranzo, a cena e a colazione. Magari non da Pastis o da Magnolia Bakery. Magari davanti ad un Mojito, perché diciamoci la verità: il Cosmopolitan è decisamente sopravvalutato. E magari in una tranquilla cittadina italiana, in cui l’unica grande mela è sullo sfondo di un computer. 



Ebbene sì Sex and The City è un po’ in ognuno di noi.
Sarà forse per lo scintillio che ci portiamo dentro o la voglia di glamour che impieghiamo nel vestire o tutte le storie in cui abbiamo messo cuore e anima. E ancora: nella forza che mettiamo nel lavoro ogni giorno, nella leggerezza di alcuni rapporti e nell’illusione che sì, ci sono volute sei stagioni e due film ma, alla fine Big sceglie Carrie. Eternamente.